Antonio Condorelli: l’Ingegnere delle note, della mobilità e del coraggio

da | Lug 28, 2025 | Storie di oggi

Tra le vene laviche di una città che batte sotto il respiro dell’Etna, dove la pietra nera racconta storie di resistenza e rinascita, si staglia la figura di Antonio Condorelli, ingegnere e dirigente dell’AMTS e pianista resiliente, testimone di una sfida personale che ha saputo trasformare in valore collettivo. Uomo di rigore e di visione, racchiude in sé due mondi apparentemente distanti: quello della tecnica e quello dell’arte. E in mezzo, un vissuto segnato dalla FSHD, la distrofia fascio-scapolo-omerale, che ha saputo affrontare con forza e determinazione.

«Gli occhi con cui guardi la realtà sono gli occhi del tecnico, della formazione che hai fatto e del percorso che hai compiuto: hai lavorato, studiato, approfondito, fatto dottorati all’università. Ma la mia malattia ti insegna tante altre cose. Non è una scelta, non è un percorso di studi: è qualcosa che ti forma più di qualsiasi altra esperienza», racconta. Da questa consapevolezza nasce il suo sguardo raffinato, capace di cogliere le criticità urbane con una sensibilità che va oltre la progettazione. «Riconosco vulnerabilità che ad altri possono sfuggire, come una barriera architettonica o un passaggio mal progettato. Io sono il frutto di tutte queste cose, compresa la mia disabilità, con tutto ciò che mi ha tolto, ma anche con quello che mi ha permesso di sviluppare».

In AMTS, Condorelli, più che un tecnico della mobilità è un interprete della città. Coordina progetti innovativi, orienta scelte strategiche, modella lo spazio urbano con razionalità e coscienza civile. Ma quando torna a casa e si siede al pianoforte, è un altro Antonio a prendere voce.

«La musica ha sempre fatto parte di me. Tutto è iniziato per caso, a sette o otto anni, quando mia nonna mi chiese se volessi una tastiera elettronica per la prima comunione. Le risposi subito di sì, senza sapere neanche perché». Il primo brano che suonai fu La Cucaracha: un gioco diventato gesto liberatorio, espressione di libertà pura. «Per me suonare è come respirare, o andare in bicicletta: non ho mai amato studiare gli spartiti, mi basta avere un brano in testa e lo suono. È un istinto, non una tecnica».

Col tempo, ha coltivato la musica da autodidatta, arricchendo il suo percorso con le nuove tecnologie e, in seguito, anche con studi più formali. Ma il legame con il pianoforte è rimasto viscerale, slegato da ogni formalismo: uno spazio di libertà dove il corpo, spesso limitato dalla malattia, si dissolve nella melodia.

Il suo impegno civile lo ha portato a diventare vicepresidente di FSHD Italia, ruolo che interpreta con umiltà e senso del dovere. «Chi vive un’esperienza come la mia attraversa varie fasi, nella percezione della malattia e nella sua accettazione. Quando entrai in contatto con l’associazione nel 2014, fui accolto come uno di famiglia», ricorda. L’incontro con il professor Ricci a Roma fu per lui una svolta, una “folgorazione scientifica” che lo condusse a un nuovo modo di affrontare la patologia. Poco prima della pandemia, decise di mettere le sue competenze al servizio dell’associazione: «Il volontariato non ha una regola. Non si fa per protagonismo, ma per dare qualcosa e costruire un percorso bello da condividere».

Oggi, grazie all’impegno di realtà come FSHD Italia, la malattia ha guadagnato visibilità, coinvolgendo anche le case farmaceutiche in sperimentazioni promettenti.

Il 29 luglio sarà protagonista di “Piano Oltre… ed Altro”, un evento che fonde musica, testimonianza e sensibilizzazione: «È un’occasione per raccontarsi con sincerità, attraverso le note ma anche con le parole. Un modo per andare oltre la malattia, oltre la retorica, e costruire un altro modo di guardare alla disabilità».

Antonio Condorelli è un uomo che orchestra la propria vita con determinazione e grazia, che disegna tracciati urbani e fraseggi musicali, unendo mente e anima in una sinfonia esistenziale di rara intensità. Un ingegnere che ascolta, un musicista che costruisce, un essere umano che ogni giorno, silenziosamente, compone il suo inno alla resilienza.