Catania celebra Gaetano Ventimiglia, l’inventore che incantò Hitchcock

da | Mag 14, 2025 | In giro e dintorni

Dopo decenni di oblio, una mostra alla Società Storica Catanese ripercorre la vita e l’eredità del barone cineasta, tra collaborazioni, tecniche rivoluzionarie e un legame profondo con la città natale.

In un angolo elegante di Catania, tra le pareti intrise di memorie della Società Storica Catanese, si è levato il sipario su una mostra che rappresenta il ritorno a casa di un genio dimenticato; di un nome che ha attraversato gli oceani del tempo e dello spazio per reclamare il posto che gli spetta nella storia del cinema mondiale. Lunedì 14 aprile, alle ore 10.30, l’eco di un’epoca remota ha vibrato tra gli affreschi e le antiche scaffalature della Società Storica Catanese, testimoniando il risveglio di una figura straordinaria, quella del barone Gaetano Ventimiglia, inventore, pioniere, maestro dell’immagine in movimento.

Un parterre d’eccezione ha salutato l’evento: lo storico del cinema Sergio D’Arrigo, lo showman Giuseppe Castiglia, l’attrice Silvana Fallisi, e la giornalista Desirèe Ferlito con la troupe di Antenna Sicilia. Ma su tutti ha brillato la presenza discreta e fiera di Edoardo Ventimiglia, nipote del barone e oggi produttore vinicolo in Toscana, custode moderno di un’eredità tanto luminosa quanto a volte trascurata.

La mostra si dipana come un racconto filmico, una sceneggiatura tracciata tra le stanze della Società Storica che guida il visitatore attraverso le fasi salienti di una vita fuori dal comune: dalla fondazione del Calcio Catania alle prime esperienze con Alfred Hitchcock, dagli orrori della Seconda guerra mondiale all’insegnamento al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, fino all’invenzione di due pietre miliari dell’ingegneria cinematografica, la OG 300 e la leggendaria Vistavision. Non è un’esposizione statica, bensì un viaggio nella meraviglia, scandito da documenti, fotografie, macchinari originali e calchi in ghisa, testimoni silenziosi di un’epoca irripetibile.

La OG 300, ideata negli anni Trenta con la collaborazione delle Officine Galileo, rappresenta un’apoteosi di ingegno e precisione tecnica. Fu battezzata ufficialmente nel corso dell’inaugurazione della nuova sede del Centro Sperimentale, in una cerimonia immortalata dai filmati dell’Istituto Luce. Ventimiglia aveva intuito ciò che solo i visionari colgono: il potere della macchina da presa non risiede solo nella capacità di catturare immagini, ma nel modo in cui trasforma il reale, ampliando i confini del visibile. La OG 300 introdusse miglioramenti rivoluzionari, portando l’Italia a competere con le grandi industrie statunitensi in un settore dominato da nomi come Bell & Howell e Arriflex. È un pezzo d’Italia che sfida Hollywood e, in parte, la supera.

Ma è con la Vistavision che Ventimiglia tocca la vetta del suo genio. Siamo nel secondo dopoguerra, Roma è ancora sospesa tra macerie e sogni, ma nelle stanze del barone si elaborano progetti destinati a ridefinire la grammatica del cinema. Con la complicità della Technicolor e della Paramount, nasce la pellicola a scorrimento orizzontale: un’innovazione tecnica che raddoppia la superficie del fotogramma e rivoluziona la resa visiva dell’immagine. È il 1956 quando il sistema debutta con I quattro del getto tonante, ma sarà con la pellicola Il Gattopardo, diretta nel 1962 da Luchino Visconti, che la Vistavision, già perfezionata dalla statunitense Mitchell, trova la sua consacrazione definitiva. Non è un caso che alla mostra sia apparso anche Tom Shankland, regista della serie Netflix tratta proprio dal capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, giunto per rendere omaggio a chi per primo ne immaginò il respiro visivo. 

Presente in visita anche l’artista di fama internazionale Minya Mikic, pittrice e graphic designer. 

Ventimiglia, nato a Catania nel 1888 e morto a Roma nel 1974, non fu soltanto un inventore o un tecnico sopraffino. Fu operatore e direttore della fotografia dei primi tre film di Hitchcock, con il quale condivise non solo la giovinezza ma una concezione profonda del linguaggio cinematografico come architettura dell’immaginazione. Fu docente, mentore e padre nobile per generazioni di cineasti italiani. La sua figura, oggi quasi sconosciuta ai più, si staglia imponente nella storia del Novecento, come un eroe di un romanzo dimenticato, finalmente riscoperto.

Oggi la velocità su cui viaggia la tecnologia rischia di cancellare la memoria dell’ingegno umano, la mostra presso la Società Storica Catanese si fa atto d’amore e di giustizia. Resterà visitabile fino al 30 maggio, ma il suo valore travalica la temporalità dell’evento. È una restituzione alla città di Catania, che può ora vantare con orgoglio uno dei suoi figli più brillanti; è un dono alla memoria collettiva, affinché non si perda l’eco di una voce che, in silenzio, ha cambiato il modo in cui il mondo guarda e racconta se stesso.