Fashion school: studiare Moda in Sicilia all’Harim Accademia Euromediterranea

da | Lug 25, 2024 | Living Promotion

La valorizzazione del talento nel settore Moda passa in Sicilia e trova sede in Harim Accademia Euromediterranea e nella sua Fashion school. Realtà specializzata, da oltre 28 anni, in corsi di formazione nei settori: Moda, Design, Fotografia, Marketing, Comunicazione Visiva e Gioiello.

Come ogni anno, l’istituto ha il piacere di presentare le capsule collection degli studenti che hanno appena concluso il percorso di studi in fashion design. A coadiuvare la progettazione dei sei total look durante l’anno accademico è stata Flavia La Rocca, designer e founder dell’omonimo brand, seguendo ciascuno studente in ogni step dall’ideazione alla realizzazione della collezione. Conosciamoli insieme.

Egle Caniglia ha la realizzato la collezione Neo-Victorian, neologismo che vuole rappresentare un’ipotetica crasi tra l’epoca vittoriana e i giorni odierni. Partendo dal Kensington Palace di Londra e spostandosi in avanti di oltre un secolo, il passato si modella ai codici contemporanei, riferendosi adesso in special modo all’abbigliamento urbano. Le silhouette dei capi pertanto risultano morbide, attraverso l’uso di un denim sostenibile, arricchito da elementi ispirati dalla natura.

Fashion School Harim Academy

Egle Caniglia

La collezione The roots di Sara Filetti viene ispirata dal raro fenomeno di fioritura che sporadicamente si manifesta in una delle aree più aride del pianeta. Il deserto dello Utah è infatti l’area geografica di analisi e luogo in cui è possibile osservare la natura, timida e sicura, che si impone dalle crepe della terra per apparire anche in un territorio ostico. Pertanto su tessuti sostenibili come tele di cotone bio, canapa e seta bourette spiccano i ricami effetto muschio con le sue micro fioriture.

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Sara Filetti

La collezione Not Crumble di Roberta Milici descrive esteticamente l’attitudine alla procrastinazione. La sensazione di claustrofobia paralizzante generata dall’ansia, antesignana dell’immobilismo, si traduce   sui capi come suggestione di perpetua incompiutezza. Infatti in precisi e mirati punti dei look avvengono piccole incursioni di destrutturazione. L’abito sembra consumarsi sul corpo, resi in neri profondi o marroni cupi, a cui vengono innestati dettagli fluorescenti: lacci immaginari che legano alla speranza di un possibile riscatto. Le linee spigolose degli abiti, rese in canvas di cotone, contrastano con linee morbide in tessuti di lana sfilacciati a mano.

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Roberta Milici

Partendo dalla questione della sostenibilità, Matilde Calapai con la collezione Luilde, affronta l’estetica con l’obbiettivo di abbattere il limite della marcescenza. Dal recupero di capi vintage appartenuti alla sua famiglia parte la ridefinizione di eleganza; un argomento che vuole superare il limite stagionale o più semplicemente l’ancoraggio a un trend. Le forme pertanto sono svasate e trapezoidali, come citazione di certi classici couture dei primissimi anni sessanta, ma anche aderenti sul corpo, rese in verde oliva o motivi geometrici, con inserimenti di azzurro, nero e corallo per alcuni dettagli. Nervature e ricami impreziosiscono tessuti naturali, dalla lana vergine e cotta al cashmere e alle fibre riciclate come poliestere e viscosa.

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Matilde Calapai

Dall’ambizione di raggiungere l’autosufficienza spirituale nasce la capsule collection Autarchia di Davide Aiello. Già dall’antica Grecia la filosofia trovava come punto massimo di felicità il riuscire a bastarsi; la propria sola interiorità come fonte di gioia. In moda questo sentimento si traduce con la fusione dell’homewear e del daily wear, visti in chiave oversize. Allo stesso modo gli stilemi della cultura orientale, come i kimoni nel caso specifico, vengono rimodellati con il classico tailoring di tradizione italiana. Tencel e cotone permettono una resa morbida della silhouette e al contempo, quando occorre, una struttura più tesa. L’azzurro, il bianco e diverse gradazioni di marrone accompagnano la stampa progettata per impreziosire questa collezione. Ricami in punto sashiko le donano un’allure orientale.

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Davide Aiello

La capsule Catarsis di Gloria Conti parte dalla constatazione di uno stato emotivo di abbandono. Se la rinuncia a se stessi è il punto di partenza della progettazione, si prevede però una resurrezione spirituale. Pertanto il colore di base è il nero luttuoso, che si presta a tela per disegnare una nuova possibilità di esistenza. I tratti di pittura astratta infatti sono realizzati in tinte appariscenti. I tessuti vanno dal denim allo chiffon, quest’ultimo bucato, bruciato a mano come simbolo tangibile della distruzione emotiva. Per quanto le linee risultino morbide, come voglia di plasmare il comfort degli abiti a luogo di ristoro per l’anima, il punto vita resta sempre segnato poichè la femminilità è un tratto a cui non rinunciare mai.

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Gloria Conti

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