“Ma cu su chissi?” Si sentiva tra la folla mentre gruppetti di donne andavano in giro con il volto coperto. Sbriciando da una piccola fessura del mantello si divertivano a scherzare, chiedere doni e giocare liberamente per le strade di Catania, dove intanto, si festeggiava la Santa. Le chiamavano ‘ntuppatedde e durante le celebrazioni in onore di Sant’Agata tornavano ad essere padrone di loro stesse.
Come si può immaginare, la figura femminile all’interno della festa di Sant’Agata è sicuramente centrale e non stupisce che, anche nella tradizione, le donne di ogni ceto sociale ed età abbiano approfittato dell’occasione per rivendicare qualche ora di libertà dalla quotidiana sudditanza a cui venivano costrette.
Prende vita così, tra ‘500 e ‘800, un rituale che, durante le celebrazioni alla Santuzza, vedeva l’aggregarsi di donne pronte ad avvalersi del cosiddetto “diritto di ‘ntuppatedda” (dal siciliano tuppa ossia la membrana che chiude il guscio delle chiocciole) per sovvertire, anche solo per un giorno, quel sistema di valori e potere che le voleva solo succubi.
La loro presenza destava perlopiù curiosità ma non mancava neanche chi, ritenendo quella sfacciataggine a dir poco oltraggiosa, preferisse di gran lunga che quel diritto fosse abolito. Cosa che avvenne intorno al 1868, dopo che una ‘ntuppatedda venne cacciata dalla festa tra insulti e offese. Negli anni che seguirono, quest’antica tradizione si perse fino al suo inatteso ritorno nel 2013 grazie alla regista e performer Elena Rosa.
Promuovendo un’incursione performativa urbana durante la festa di Sant’Agata che, ricordiamolo, è – dopo la settimana Santa di Siviglia e il Corpus Domini di Cuzco in Perù – la festa cristiana con più partecipanti al mondo. La performer catanese è riuscita a ridestare la misteriosa figura delle ‘ntuppatedde donando al rituale una forma del tutto nuova.
Non più devozione religiosa alla Santa, ma devozione al suo “femminile”.
Come si legge nella descrizione dell’evento “Ma cu su chissi?” che, nel decennale dell’apparizione delle “nuove” ‘Ntuppatedde, vuole raccontare – attraverso il materiale raccolto – le incursioni dentro la festa di Sant’Agata.
Quella delle ‘ntuppatedde è oggi una danza gioiosa che esplode la mattina del 3 febbraio e alla quale è impossibile resistere. Le vedrete vestite di bianco con in mano un garofano rosso e il velo non più simbolo di oppressione ma di libertà.
Se le incontrate, unitevi alla loro danza perché stanno celebrando la vita.
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