Le “Crisi di nervi” di Anton Čechov come collettive sedute psicoanalitiche

da | Apr 10, 2025 | Eventi e racconti delle città dell'isola

Rappresentati al Teatro Stabile di Catania tre “Atti Unici” del grande Autore russo, rivelatisi uno specchio per la società contemporanea

Il terreno “di gioco” era di quelli minati, sul palcoscenico! Il mix di sentimenti, portati in bella mostra, anche! E tutti quei sorrisi spontanei, nemmeno tanto velati, che il pubblico ha giustamente regalato a rappresentazione in corso, sono stati molto probabilmente i riflessi di uno specchio sporco e opaco, che è il nostro tempo.

Tutto questo sicuramente Anton Čechov non lo poteva prevedere e neanche gli sarebbe interessato, così come probabilmente non avrebbe nemmeno immaginato il grande successo che avrebbero avuto i suoi atti unici anche a distanza di secoli, scritti per allontanarsi dal teatro drammatico, dopo la delusione delle prime due opere composte e, a quanto pare, “fallite”.

E invece, il dramma lo ritroviamo ugualmente, ed anche spiazzante, in tutti e tre gli episodi che il Teatro Stabile di Catania ha portato in scena nei giorni scorsi, con una firma d’eccezione alla regia, quella del Maestro tedesco Peter Stein, premio “Le Maschere 2024” per la “Migliore Regia”.

Così, dicevamo, le Crisi di nervi. Tre Atti Unici” di Anton Čechov potrebbero tranquillamente appartenere al terzo millennio, confondendo ancora di più il sottilissimo e pericolosissimo confine, sbiadito e disordinato, tra sentimenti che dovrebbero essere puri (uno per tutti, l’amore) e sentimenti che si rivelano frustranti (come la rabbia, la voglia di rivalsa, finanche di vendetta…).

Ne L’orso, primo episodio con Maddalena Crippa, Sergio Basile e Alessandro Sampaoli, il protagonista arriva a schiumare dalla rabbia, a sentirsi male più volte, a causa di un debito che non gli viene saldato, mentre ha scadenze incombenti con le banche e i creditori. Artefice di tale sentimento è una donna, moglie vedova del suo debitore, che egli arriva perfino a sfidare a duello, tanto è il suo desiderio di “giustizia” e di vendetta. Ma è proprio qui che si innesca la scintilla che lo farà “rinsavire” (ne siamo certi?), portandolo addirittura a innamorarsi di lei e a chiederle di sposarlo. Il carattere rivelatosi forte della donna sarà per lui come un faro, come un calmante per la sua foga di vendetta.

Un monologo, invece, il secondo atto unico, I danni del tabacco, interpretato da Gianluigi Fogacci, impacciato e improvvisato oratore, costretto a tenere una lezione “gratuita” su qualunque cosa, basta che la tenga! A costringerlo, infatti, è stata la moglie, come ogni volta e come in ogni cosa, che vuole fare beneficenza a tutti i costi anche attraverso questi incontri didattici. Neanche a dirlo, è lui stesso la prima vittima, sia degli effetti nefasti del tabacco, sia della volontà distorta e presuntuosa di sua moglie, che dirige tutta la sua vita a bacchetta. Il monologo, così, si trasformerà ben presto in una rousseauniana “confessione” con il pubblico.

Infine (probabilmente anche l’atto unico più nevrotico ed eccitato, ndr), ne “La domanda di matrimonio”, con Alessandro Averone, Sergio Basile ed Emilia Scatigno, gli ingredienti sono ancora quelli di ogni giorno in mille episodi comuni: insicurezza del pretendente a esternare i propri sentimenti; difficoltà fisiche che sfociano in ipocondria; arroganza di entrambi gli “innamorati” nel porre le proprie convinzioni e opinioni; il tutto maldestramente coordinato nella vita dal padre di lei. Protagonisti insomma più di scaramucce e battibecchi, che di una vera dichiarazione d’amore. Ma alla fine, come in mille episodi delle nostre vite contemporanee, sarà un brindisi a rimettere a posto le cose.

La rappresentazione degli atti unici del grande Autore russo nel capoluogo etneo è giunta dopo avere conquistato e divertito il pubblico di numerosi teatri in Italia, grazie alla regia di Peter Stein, che ha firmato l’adattamento con Carlo Bellamio (assistente alla regia), e a tutto il cast, sempre sull’orlo di… una crisi di nervi!

La scenografia, curata da Ferdinand Woegerbauer, ha puntato spesso sulle tonalità di grigio, a nostro avviso con vaghi intenti sentimentali, quasi con richiami spenti e sbiaditi alle vite sommesse e sconnesse di molti di noi.

 

Azzeccati, infine, i costumi di Anna Maria Heinreich, espressioni della vivacità dei personaggi, fin troppo alterati per copione. Come le luci di Andrea Violato, quasi grandi occhi a togliere i veli dalle anime dei protagonisti.

 

Interessante questa produzione di Tieffe Teatro / Quirino Srl, se non altro per il riuscito tentativo di sperimentare collettive sedute psicoanalitiche, oggi più che mai necessarie…

  Crediti foto: Tommaso Le Pera