Le nuove generazioni si avvicinano alle professioni di una volta, ritornando al piacere della manualità.
“È successo che un giorno il mondo intero si fermò! Fu costretto a farlo a causa di un virus, il Covid-19.“
Un domani forse racconteremo ai nostri nipoti questa storia e gli parleremo di come tutti noi riuscimmo a ripartire rivalutando molti aspetti della nostra vita e del nostro essere: relazioni, abitudini, valori del vivere, in un momento in cui l’assenza dalla “normale” quotidianità ci consentì di mettere a fuoco il nostro tempo fuori dagli schemi spesso imposti dal ritmo battente delle nostre giornate.
In questo agognato “nuovo rinascimento” siamo più coscienti delle nostre passioni e, la scala dei valori ha inevitabilmente subito dei cambiamenti in cui il “nuovo umanesimo” ha fissato altre priorità.
Ci siamo riscoperti creativi e pieni di risorse: restauratori, cuochi, amanti del bricolage, pittori, scrittori, sarti e ricamatori, un vero e proprio ritorno ai vecchi mestieri. In totale contrasto con la globalizzazione, le nuove generazioni, in modo particolare e, sopratutto con spiccato pragmatismo, hanno tirato fuori un’intensa passione per l’artigianalità. Infatti, se da un lato c’è una parte che vive in connessine diretta alla scoperta del digitale e della tecnologia, dall’altra ci sono quelli a cui piacciono i vecchi mestieri e, tra questi, quello che ha riscosso maggiore cuore, studio e attenzione è il “fatto a mano”.
Ho conosciuto una creatrice dalle mani instancabili, una giovanissima ragazza piena di amore e determinazione per la sua arte: il crochet.
Linda Pistorio ha diciassette anni, frequenta il quinto anno del liceo artistico a Catania con specializzazione in grafica. In questa intervista mi ha raccontato una storia pregna d’amore per il dono che le sue nonne le hanno trasmesso fin da piccolissima, e di come questo sia diventato un progetto imprescindibile da lei, un sogno che prende il nome da una leggenda, quella di Billonia.
Cosa lega una giovane donna all’arte di un mestiere antico come quella del crochet?
L’uncinetto mi incanta da sempre. Quando ero piccolissima, nonna Pina e nonna Cettina mi hanno cresciuta con amore e lavori manuali. A sei anni ho imparato come eseguire le catenelle e i punti base dell’uncinetto, ricordo ancora che il mio primo lavoro fu la realizzazione di una semplice foglia verde. Ho sviluppato quasi una necessità di creare: cucire, ricamare, lavorare a maglia e ad uncinetto rappresentano da sempre un bisogno fisico per me. Tra queste, quella dell’uncinetto è l’arte più versatile perché, non esiste niente che non possa essere riprodotto attraverso questa tecnica.
È nato come un hobby, un passatempo che negli anni avevo messo un po’ da parte fino all’avvento della pandemia. Avevo tredici anni quando l’Italia si fermò, insieme al resto del mondo, chiusa in quarantena, dovevo trovare qualcosa che mi aiutasse durante le giornate più buie, quelle in cui si restava connessi ai telegiornali nella speranza di buone notizie.
Ho tirato fuori dalla mia scatola di lavoro il ferretto e ho ripreso a lavorare il filo, un po’ riavvolgendo la memoria del nastro dell’infanzia, quello legato agli insegnamenti delle mie nonne, un po’ cercando tutorial in rete. Naturalmente sono una a cui piace mettersi alla prova e iniziare da cose che, magari ad altri risulterebbero più difficili. È una mia caratteristica, amo pensare in grande!
Anziché misurarmi con la lavorazione di un centrino, realizzai un maglione patchwork composto da mattonelle granny.
Dal 2019 ad oggi non ho mai smesso di lavorare all’uncinetto, neanche per un giorno, lo porto sempre con me, nella mia borsa, insieme ai miei effetti personali.
Sono riuscita a creare diversi maglioni, gonne, top estivi, borse, accessori, copri vaso per piante, e altro.
Se dovessi rappresentare la Sicilia con una tua creazione, a cosa ti ispireresti?
Sicuramente realizzerei la pianta del fico d’India con il suo fiore delicato e inconfondibile; in generale quella di fare una collezione di fiori Siciliani ad uncinetto mi era già germogliata nella mente. Il repertorio di fiori nella nostra terra è molto vasto, mi richiederà un po’ di tempo, ma spero di potermi dedicare al più presto.
Hai fatto un’esperienza all’estero ma hai sentito il richiamo forte della Sicilia che ti ha riportata qui e ha visto la nascita di Billonias, quanto sei legata a questo progetto e cosa c’è di te nel personaggio narrato nella leggenda?
Ho uno spirito da viaggiatrice e una curiosità che mi hanno portata a fare uno scambio per un progetto scolastico interculturale all’estero. Ho trascorso l’intero quarto anno di liceo in Irlanda, un’isola che mi ha rubato il cuore e a cui sono profondamente legata, lo sarò per sempre.
L’Irlanda è una terra verde, colorata e di grande ispirazione per me; Billonia nasce proprio lì, prodotto di due culture, di due isole. Durante la mia permanenza ho ricevuto una visita dalla mia famiglia per le vacanze di Pasqua. Mia madre compiva gli anni proprio in quei giorni, il 4 Aprile, e decise di raggiungermi. Volevo regalarle qualcosa di speciale ed unico: pensai subito ad un bouquet di tulipani realizzati a mano, sarebbe stato il regalo perfetto.
Quando glielo consegnai l’emozione fu tantissima, tanta da scambiarci le lacrime strette in un abbraccio. Fu un momento incredibilmente colmo di gioia e lì capii che quei fiori, magari per qualcuno banali, erano riusciti ad essere un ponte tra due anime.
Da quel giorno l’idea del fiore ad uncinetto, è diventato un dono “sempre vivo” capace di colorare la quotidianità. Una settimana dopo il compleanno di mia mamma partecipai ad un mercatino allestito da giovani artisti Irlandesi. “Linda’s endless flowers” – i fiori senza fine di Linda – non mi parve funzionare affatto come nome.
Ero in cerca di un nome che potesse rappresentarmi. Un giorno poi, non ricordo esattamente come, capitai su una pagina web che parlava di una leggenda Catanese titolata “La storia di donna Billonia”. Fu lei a trovare me. Era perfetta, doveva diventare la mia storia. La leggenda narra di una donna di nome Billonia, soprannominata “la Fioraia della Villa Bellini”, conosciuta soprattutto per il suo modo di vestire stravagante.
Trascorreva le sue giornate passeggiando su e giù per la via Etnea portando tra le braccia fasci di fiori di campo, margherite e rose che offriva alle coppie di fidanzati, sperando di ricevere in cambio una ricompensa che riuscisse a sfamare lei e la madre che era sempre al suo fianco.
Era una donna gentile che attraverso i suoi coloratissimi costumi cercava di mascherare un’immensa povertà. In inverno, lei e la madre, passavano gran parte delle giornate sui gradini della chiesa di San Biagio in piazza Stesicoro, ma d’estate si trasferivano al giardino Bellini popolato di catanesi che accorrevano ad ascoltare i concerti dell’orchestra del comune; lì Billonia riusciva a guadagnare qualche soldo in più.
Poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale sua madre morì e mentre il mondo diceva addio ai divertimenti e alle spensieratezze del tempo, Billonia, travolta dal dispiacere sparì. Nessuno la vide più.
Commossa ed emozionata da questa storia ho sentito di doverla raccontare. C’è chi dice di ricordare la ragazza e chi invece ritiene sia davvero solo una leggenda. Qualunque sia la verità, i miei fiori ad uncinetto rappresentano la tradizione Catanese fatta di colore e altruismo.
Sei molto giovane, seguendo il tuo cuore continuerai la tua formazione, in cosa ti evolverai?
Sto frequentando l’ultimo anno di liceo artistico e le mie giornate si alternano tra studio e commissioni per Billonia. Dopo il diploma riuscirò finalmente a dedicarmi completamente a quello che amo. La mia aspirazione è quella di trasferirmi a Firenze per studiare fashion design al Polimoda e continuare ad ampliare il mio progetto negli anni successivi.
Il mio sogno è stato sempre realizzarmi nel campo della moda, e partendo dai fiori ad uncinetto vorrei fare di Billonia il mio nome, creando progetti a tutto tondo. L’idea che ho per il mio brand è quella di modellare attorno alla all’elemento floreale capi d’abbigliamento esclusivi e originali.
Salutando Linda e ringraziandola per avermi raccontato questa bellissima storia mi viene spontaneo pensare che riconoscere il talento dei piccoli artigiani e degli appassionati hobbisti significa apprezzare il loro contributo alla cultura, all’estetica e all’identità di una comunità. Le loro creazioni sono molto più di semplici oggetti; sono testimonianze tangibili di dedizione e abilità. L’arte dell’artigianato ci ricorda che la manualità umana è in grado di dare forma a idee e sogni in modo unico e straordinario.
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