Grazie al terroir vulcanico la comunione vincente tra qualità e identità
di Cantina Pietradolce
Sempre più cantine nel mondo, grazie alla visione dei proprietari, si sono trasformate in veri e propri monumenti, un mix di design ed architettura, al passo con i tempi, che portano i nomi di rinomati architetti, diventando modelli di sostenibilità, tecnologia, arte, tradizione, artigianalità ed integrazione con il paesaggio.
Oggi, ancora più che nel passato, la struttura architettonica di un’azienda vitivinicola contribuisce a definire l’immagine della stessa: dalle forme stravaganti delle Bodegas spagnole ai castelli di Francia ed Austria, dalle forme moderne della Napa Valley a quelle contemporanee del Sud Africa o dell’Australia, fino all’Italia dove si allevano vigneti sui tetti e si ricoprono facciate di specchi per dare continuità al paesaggio.
La cantina, quindi, non è più un semplice luogo dove spremere le uve, ma è, soprattutto, un luogo di immersione totale, dove sperimentare in pienezza l’equilibrio tra prodotto e contesto di produzione. È quello che in gergo viene definito “terroir”, ovvero, l’insieme di clima, terreno, paesaggio, storia e cultura. Un abbraccio che unisce la zona di produzione del vino, le sue caratteristiche, con il lavoro di coltiva la vigna. Una comunione vincente.
Ma cosa succede quando si uniscono tutti questi elementi in un territorio unico come quello dell’Etna?
Succede di imbattersi nella Cantina Pietradolce di Michele Faro, nata con la mission di preservare e salvaguardare le antiche vigne a piede franco dell’Etna. Viti di prefillossera che superano i cento anni di età disposte sul Versante Nord.
Il progetto Pietradolce nasce a Solicchiata, frazione del comune di Castiglione di Sicilia (Catania), a cavallo tra il 2005 e il 2006, ma la nuova cantina vede la luce nel 2016.
Inserita tra le 100 migliori cantine al mondo secondo la rivista Wine and Spirits, oggi la cantina Pietradolce conta 30 ettari vitati coltivati ad alberello con una lavorazione manuale ed una produzione tra le 95 e le 100 mila bottiglie.
La scelta di Faro, fin dall’inizio, è stata quella di concentrarsi sui vitigni autoctoni etnei: il Carricante, il Nerello Mascalese ed il Nerello Cappuccio con la volontà di esaltare al massimo le caratteristiche di ognuno su terreni minerali di natura franco-sabbiosa con abbondante presenza di scheletro.
L’architettura di Cantina Pietradolce
La cantina si presenta come un grande monumento nero lineare e ben definito, in perfetta armonia con il territorio circostante.
Gli esterni richiamano le tipiche terrazze etnee, con un giardino pensile, il cui progetto è realizzato in concerto con l’Università di Catania. Ma è al suo interno che il dialogo con l’arte si fa sempre più marcato. Qui le opere presenti hanno uno stile contemporaneo, identitario e portano le firme di Alfio Bonanno e Giorgio Vigna.
Il vero punto di incontro tra passato, presente e futuro è il caveau, un’intera parete dove si possono ammirare delle nicchie quadrate riempite da una piccola riserva di bottiglie storiche dell’azienda.
Tra le tante etichette prodotte, proprio come accade a teatro, entra in scena il Pietradolce Barbagalli, coltivato su terrazzamenti a mezzaluna ad anfiteatro che riportano il visitatore indietro nel tempo di 150 anni su vigneti nascosti protetti da diverse colate laviche capaci di creare microclimi differenti a distanza di poche decine di metri che si estendono fino al limite della DOC. Ceppi di vite a due spalle con minor resa ma capaci di regalare un vino di altissima qualità. Nulla da invidiare a qualsiasi altro rosso blasonato della Borgogna.
L’Etna rosso DOC Barbagalli è un Nerello Mascalese in purezza allevato a 950 m.s.l.m. in Contrada Rampante area “Barbagalli” con viti di prefillossera di 80 – 100 anni di età. La vendemmia avviene intorno alla terza decade di ottobre con raccolta manuale delle uve e, dopo una pressatura soffice, avviene una macerazione di 18 giorni sulle bucce in vasche di cemento per poi passare ad un affinamento di 20 mesi in botti di legno di tonneaux di rovere francese. Un vino dal colore rosso rubino con sfumature granate dove prevalgono note di frutti rossi, spezie e minerali. Al calice è pieno, complesso, ampio, elegante, fresco, intenso e dai tannini morbidi.
Un vino tipico. La massima esaltazione del Nerello Mascalese che rende la bevuta indimenticabile.