In occasione del convegno “Made in Sicily”, Oscar Farinetti, imprenditore visionario e fondatore di Eataly, ha condiviso una riflessione sulla gestione del turismo in Italia e sul ruolo centrale dei sindaci, sottolineando al contempo il valore della riconoscenza e della fiducia per un futuro positivo.
Farinetti ha lanciato un appello a investire maggiormente nella figura dei sindaci, definendoli “i generali del turismo”. Secondo l’imprenditore, sono proprio loro i veri responsabili della crescita del turismo, in quanto immersi nelle sfide quotidiane delle loro città e lontani dalle ideologie spesso rigide che caratterizzano la politica a livello centrale. “Sono del partito dei sindaci,” ha affermato sorridendo Farinetti, “perché loro sono in trincea ogni giorno, risolvendo problemi e facendo la vera politica, quella della ‘polis’. Se vogliamo raddoppiare il numero di turisti in Italia, dobbiamo affidarci a loro, perché sanno dove si nascondono le bellezze da scoprire”.
Farinetti immagina una nuova visione del turismo che non si limiti a canalizzare i visitatori nei soliti luoghi iconici come Roma e Venezia, ma che porti invece a valorizzare i tesori nascosti in ogni provincia. Da qui il suo appello ai sindaci italiani, a cui attribuisce il compito di “allenarsi per circoscrizioni” e creare eventi, conferenze stampa internazionali e iniziative coinvolgenti. “Ogni città ha un patrimonio unico da raccontare e i social media possono diventare strumenti straordinari per farlo conoscere al mondo intero. I sindaci hanno in mano le chiavi del futuro turistico del Paese e devono usarle per creare iniziative originali e fuori dal comune”, ha sottolineato.
In un intervento pieno di spunti di riflessione, Farinetti ha inoltre parlato di riconoscenza, un valore che, secondo lui, va messo davanti all’orgoglio. “Troppo spesso sentiamo parlare di orgoglio nazionale” ha detto, “ma come possiamo essere orgogliosi di qualcosa che non abbiamo creato noi stessi? Io sono per la riconoscenza: dobbiamo essere grati di essere nati in un Paese così bello. Nessuno di noi ha scelto dove nascere, il colore della pelle o la propria religione; non possiamo attribuirci meriti che non ci appartengono. La Sicilia, ad esempio, è una terra di bellezza e cultura unica, e questo va apprezzato con umiltà”.
Il suo invito a essere riconoscenti è rivolto in particolare ai siciliani, sottolineando come l’isola, con la sua varietà paesaggistica e il suo patrimonio culturale, sia una “regione della bellezza”, in grado di offrire al mondo un’esperienza unica. Farinetti ha esortato i presenti a concentrarsi sulla valorizzazione del territorio e sulla costruzione di un turismo sostenibile e autentico, coinvolgendo attivamente i giovani, custodi del futuro.
Farinetti ha concluso il suo discorso parlando del concetto di ottimismo, definendolo come un sentimento orientato al futuro. “Essere ottimisti,” ha spiegato, “significa credere che i problemi possano essere risolti e che ciascuno di noi possa fare la sua parte per trovare soluzioni. Noi ottimisti, paradossalmente, siamo spesso più critici nella fase di analisi, perché siamo consapevoli delle sfide, ma sappiamo anche che è possibile superarle”. Un messaggio di speranza e realismo che invita tutti a guardare con fiducia al domani, senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà. Il dibattito ha dato ai presenti l’opportunità di confrontarsi con tre illustri Cavalieri del Lavoro siciliani, esempi di imprenditoria radicata nel territorio. Giovanni Arena, amministratore del Gruppo Arena; Venerando Faro, pioniere del florovivaismo mediterraneo; e Francesco Tornatore, amministratore unico della Nuove Tecnologie Elettro Telefoniche SpA e imprenditore vitivinicolo sull’Etna, hanno dimostrato come visione, umiltà e determinazione possano fare la differenza.
Con l’entusiasmo di chi crede ancora nella capacità dell’Italia di reinventarsi, Farinetti ha saputo trasmettere ai siciliani un messaggio di speranza e di azione. Il suo invito a riscoprire la riconoscenza, a supportare i sindaci nel ruolo di promotori del territorio e a diffondere l’ottimismo come strumento di cambiamento ha risuonato tra i presenti come un richiamo alla rinascita e al riscatto.