Miti ancestrali e storie di miracoli che alimentano da sempre il culto della Patrona della città di Catania.
La festa di Sant’Agata è la terza festa religiosa più importante al mondo. Nelle giornate dal 3 sera al 6 mattina del mese di Febbraio, la città di Catania si riempie di fedeli, devoti e turisti desiderosi di riabbracciare la Santa Patrona o semplicemente di immergersi nel caratteristico folklore della celebrazione Agatina.
Difficile spiegare la devozione e l’amore che i cittadini catanesi provano per la Santa Patrona, culto che dura da quasi 18 secoli. Le origini della venerazione della martire, infatti risalirebbero al 252, anno seguente al martirio.
Ma perchè i catanesi sono così tanto legati a Sant’Agata?
Sicuramente la storia della martire ha sempre suscitato profonda emozione nei cuori dei catanesi, un sentimento puro che nessun cittadino riuscirebbe a descrivere in una sola parola.
Infatti, il rapporto che lega ogni cittadino a Sant’Agata è personale, intimo e profondo.
Durante il corso dei secoli molti sono stati tanti i miracoli attribuiti a Sant’Agata, probabilmente è anche questo che spiega la grande fede da parte dei devoti.
Il velo di Sant’Agata
La martire non è solo la patrona di Catania, ma nel tempo è divenuta anche protettrice contro i pericoli del fuoco quali eruzioni vulcaniche e incendi.
La reliquia del velo di Sant’Agata conosciuta anche come velo rosso, è una striscia di seta lunga 4 metri e larga 50 centimetri.
Il velo è conservato in una teca di cristallo all’interno di uno scrigno d’argento insieme ad altre reliquie della Santa dentro la cattedrale di Catania. Il reliquiario nel mese di gennaio, in vista delle celebrazioni agatine, visita parrocchie, scuole e ospedali della città, per poi tornare in cattedrale e iniziare la processione per le vie della città di Catania.
Secondo la tradizione, il velo, cosiddetto “flammeum”, era una tunica bianca della giovane martire che indossava in quanto vergine consacrata a Cristo. Secondo altri, il velo è riconducibile alla sua morte. Infatti sarebbe un tessuto utilizzato per coprire la martire durante il martirio con i carboni ardenti. Lo storico Carrera affermò che: “mentre Agata stava posta sui carboni accesi, il velo rimase intatto”.
Tra le tante teorie, la cosa certa è che il velo coprisse il capo della Santa e che durante il martirio fosse presente.
Si dice infatti che il velo non sia combustibile, dopo esser stato portato più volte in processione davanti alle colate laviche, non hai mai subito danni.
Per oltre 15 volte nel corso della storia della città di Catania, quando imponenti eruzioni laviche stavano raggiungendo la città, l’esposizione del velo di Sant’Agata bloccò l’avanzata della lava.
Il primo evento è riconducibile al 5 Febbraio 252 d.C., esattamente un anno dopo la morte della Santa. La città di Catania venne colpita da una forte eruzione lavica, come estremo rimedio i fedeli portarono in processione nei pressi della colata il velo che in poco tempo ne arrestò l’avanzata.
Negli anni 1169, 1239, 1381, 1408, 1444, 1536, 1567 e 1635, diverse e potenti colate laviche che stavano raggiungendo il centro cittadino e che, al loro passaggio, devastavano ogni cosa, furono tutte bloccate dall’esposizione del velo in prossimità del magma.
Ma l’eruzione del 1669 fu la più devastante a causa dell’apertura di una serie di bocche lungo le pendici dell’Etna. L’attività vulcanica durò per ben 4 mesi e distrusse molti paesi per poi giungere fino alla città di Catania.
Quando il fiume di magma giunse nei pressi della cattedrale di Catania, prodigiosamente deviò in prossimità dei luoghi dove Sant’Agata era stata imprigionata o aveva subito martirio ed era stata sepolta, per poi sfociare a mare.
I miracoli, non finiscono qui.
L’ultimo evento riguarda l’apertura di una bocca vulcanica a Nicolosi, siamo nel 1886. Il 24 maggio il beato cardinale Dusmet, portò in processione il velo e nonostante la colata fosse in una zona in discesa, miracolosamente il fiume di lava si bloccò.
La storia del velo di S. Agata fa parte dei racconti e dei miti ancestrali tramandati di generazione in generazione, condivisi con nipoti attenti, aspiranti devoti. Fa parte del folklore e della cultura della città, non solo della Santa.
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